Cesare Lombroso e gli studi sulla criminalità
Marco Ezechia Lombroso, conosciuto come Cesare (1835 – 1909), è stato un medico, antropologo, giurista definito da molti come il “padre” della moderna criminologia. Esponente del positivismo, Lombroso è tra i primi pionieri degli studi sulla criminalità e fondatore della antropologia criminale; il suo lavoro è influenzato dalla fisiognomica, dal darwinismo sociale e dalla frenologia.
Le teorie lombrosiane si basano sul concetto del “criminalità per nascita”: secondo questo pensiero l’origine del comportamento criminale è innato nelle caratteristiche anatomiche del criminale, criminale fisicamente differente dall’uomo normale in quanto dotata di anomalie che ne determinavano il comportamento deviante nei termini della condivisione sociale. Di conseguenza – secondo Lombroso – l’inclinazione al crimine è una patologia ereditaria è l’unico modo utile nei confronti del criminale è quello clinico terapeutico. Solo verso la fine della sua vita lo studio prese in considerazione anche i fattori di natura ambientale, educativa, e sociale come fattori che insieme a quelli fisici contribuiscono nella determinazione del comportamento criminale.
Il pensiero lombrosiano è riconducibile ad una sua citazione in cui diche che “…il criminale è un essere atavistico che riproduce sulla propria persona i feroci istinti dell’umanità primitiva e degli animali inferiori.” Genio e follia furono due elementi che Lombroso metteva in correlazione. L’interesse per il genio derivava da concezioni residue di stampo illuminista in merito ad una immagine della storia connotata come ‘catastrofica’, teoria poi superata dall’evoluzionismo emergente contemporaneo che aveva invece la tendenza a considerare i geni come una sorta di sottospecie di eroi. Fisicamente Lombroso asseriva la predominanza tra i geni di caratteristiche come il pallore, la magrezza o l’obesità, l’essere rachitici, sterili o celibi, di cervelli per la maggior parte di volume superiore alla media e con deformità (come le suture anormali nel cranio di Volta); esistevano poi anche casi in cui i geni erano totalmente ed irreversibilmente pazzi. Nella fase più matura del suo pensiero, dopo il 1890, Lombroso giunse ad elaborare il concetto di criminalità evolutiva come tipologia di delinquenza propria della civiltà avanzata: individuò nei reati economici, nella truffa specialmente, la manifestazione delinquenziale tipica delle società moderne.
Nel saggio intitolato “Sui recenti processi bancari di Roma e Parigi” affermò che: «…la truffa è una trasformazione evolutiva, civile, se si vuole, del delitto, che ha perduto tutta la crudeltà, la durezza dell’uomo primitivo di cui il reo-nato è l’immagine, sostituendovi quell’avidità, quell’abito della menzogna, che vanno sventuratamente diventando un costume, una tendenza generale, salvo che in costoro è più concentrata e con intenti più dannosi (…) Invero se passiamo dalle vallate remote alle città e dalle città piccole alle capitali, vediamo, dal più piccolo al più grande, farsi sempre più gigante la menzogna commerciale, la truffa, insomma, in piccola scala; e nelle società più elevate, sotto forma di Banche per azioni, la truffa vera, gigantesca, è in permanenza alle spalle dei gonzi, garantita coi nomi più altisonanti e più venerati se non venerabili».
Articolo a cura di Rosario Cassaniti