THE FATHER – NULLA È COME SEMBRA
Anthony è un uomo intelligente, sagace e molto arrogante, che vive da solo in un appartamento di Londra. Quando sua figlia Anne gli comunica che si trasferirà a Parigi per raggiungere il proprio compagno, per Anthony è un duro colpo. Infatti, la figlia vorrebbe che il padre andasse in una casa di riposo, ma l’uomo non accetta, vedendo nell’atteggiamento di Anne il tipico lassismo delle nuove generazioni. Ha così inizio un estenuante conflitto.
Candidato agli Oscars come “Miglior film”, ma vincitore delle statuette per “Miglior Attore Protagonista” e “Miglior sceneggiatura non originale”, “The Father – Niente è come sembra” è l’esordio alla regia di Florian Zeller, scrittore e drammaturgo teatrale, disponibile nelle sale dal 20 maggio.
Infatti, Zeller non volta alle spalle alle proprie origini, scegliendo di adattare per il grande schermo una propria pièce teatrale, scritta nel 2012. Ci troviamo di fronte, quindi, a un dramma da camera elegante: un’unica scena – l’appartamento –, pochi attori e una forte struttura narrativa. Gli interpreti sono il colossale Anthony Hopkins, la versatile Olivia Colman (“The Crown”, 2019, “La Favorita”, 2018) e Rufus Sewel (“Judy”, 2019, “The Tourist”, 2010), nei panni di Paul, il compagno di Anne. L’adattamento ha permesso a Zeller di poter sfruttare le potenzialità che il cinema offre, grazie a un ottimo montaggio, fondamentale per far calare lo spettatore nei panni del protagonista e che interpreta al meglio il “niente è come sembra” del sottotitolo della versione italiana.
Infatti, al centro del dramma vi è la malattia. Quella che affligge molti anziani, quella che non sempre diventa il tema di una storia, quella che è difficile da mostrare e capire. La demenza senile è un tarlo, che si insinua subdolamente nella mente, che maneggia i ricordi, crea confusione. Anthony Hopkins dall’alto dei suoi 84 anni è perfetto nel comunicare il disagio, la solitudine, il dolore. Olivia Colman, candidata come “Miglior attrice non protagonista”, affianca Hopkins egregiamente, interpretando i panni di una figlia che si preoccupa per il genitore, con cui ha avuto spesso conflitti, dovuti all’incompatibilità caratteriale, ma anche dall’ingombrante ombra della sorella minore, Lucy, la preferita. Anne è la raffigurazione di tutti i figli che scelgono di affidare le cure dei propri genitori a una RSA non tanto perché egoisti e svogliati, ma perché non hanno più gli strumenti per poter offrire il supporto e le cure necessarie.
A supportare questi due grandi interpreti, Rufus Sewel. Il suo è un personaggio ambiguo, che genera sentimenti contrastanti nello spettatore, che lo vede come un possibile pericolo all’interno del rapporto padre-figlia. Paul è, infatti, l’agente esterno, il punto di vista oggettivo e scevro da legami affettivi, che cerca di guidare la propria partner verso la soluzione migliore per tutti.
“The Father – niente è come sembra” riesce perfettamente a ricreare queste dinamiche familiari, adottando punti di vista differenti, senza schierarsi. Il dolore provocato dalla demenza senile ha ripercussioni su tutta la famiglia: su Anthony che crede che la figlia, il genero e le badanti stiano complottando contro di lui, su Anne che soffre nel vedere il padre consumato dalla malattia e che a stento ricorda chi lei sia, su Paul che vede tutta questa sofferenza e cerca di dare il proprio sostegno.
La sceneggiatura vince non tanto per i dialoghi (sebbene la scena finale di Anthony Hopkins sia perfetta), quanto per la struttura che fornisce un’ottima impalcatura per il montaggio. Non a caso fra le 6 candidature, c’era anche quella a “Miglior montaggio” per Giōrgios Lamprinos (“Un divano a Tunisi”, 2019).
Titolo molto simile a “The Father – niente è come sembra” è “Sleuth – Gli insospettabili” diretto da Kenneth Branagh, tratto da un testo teatrale. Seppure le tematiche affrontate siano diverse, la struttura, il ritmo, le interpretazioni, sono su un altissimo livello che lascia lo spettatore soddisfatto.
Perché il punto forte di “The Father – niente è come sembra” è lo spunto riflessivo che fornisce alla fine della visione. A immedesimarsi nel malato, a domandarsi come si affronterebbe la situazione sia dal punto di vista del demente, sia di chi lo accudisce. Oltre a questo, il film scava a fondo sui conflitti familiari e sulle insicurezze che derivano dalle preferenze che un genitore fa – anche involontariamente – per uno dei figli. Visione consigliatissima.
Voto: 10/10
Articolo a cura di Sara Paterniani