La classe come comunità di ricerca.
Coloro che solitamente leggono i miei articoli sanno che le tematiche trattate spaziano all’interno delle varie dimensioni dell’universo scolastico; che sia dalle curiosità sullo sviluppo del bambino alla struttura della classe tutto ciò che riporto è frutto di un personale pensiero riguardo l’insegnamento e il campo della formazione. Eppure, tra i tanti temi, vi è sempre un continuo riallacciarmi ad una dimensione a me particolarmente cara: la filosofia.
A tal proposito, ho spesso parlato della “Philosophy for Children” (filosofia per bambini) affrontando ogni volta una dimensione differente di questa metodologia perché credo fermamente nell’obiettivo a cui essa mira: la formazione di un pensiero autonomo che stimoli continuamente l’alunno a porsi domande. Posare l’accento su questa pratica vuol dire, infatti, cercare di improntare un lavoro didattico in cui vige la libertà. Un lavoro in cui nulla è fisso, ma, bensì, in costante cambiamento; perché come i più ormai sanno la vita è sempre in continua trasformazione ed il soggetto che la vive muta insieme ad essa.
Allora perché non abituare da subito i più piccoli a pensare liberamente e consapevolmente, in modo tale che, quando arriverà, siano essi preparati ad ogni sorta di trasformazione?
Un altro degli obiettivi che la metodologia si prefigge di realizzare è la formazione di un ambiente in cui quanto accennato sopra possa concretamente realizzarsi. A tal proposito, infatti, si parla di comunità di ricerca. Essa ha delle caratteristiche di base che devono essere rispettate affinché questa si possa definire tale, ma la più importante in assoluto si esplicita attraverso un clima di classe positivo.
L’ambiente relazionale, oltreché strutturale, deve includere la predisposizione dei soggetti coinvolti ad aiutare piuttosto che escludere. Questo perché? Perché tutti quanti all’interno del gruppo devono sentirsi liberi di poter esprimere i loro pensieri e le loro idee. Chiaramente la libertà di pensiero non deve prevaricare determinati limiti non consoni, per quanto riguarda la terminologia, ad un linguaggio scolastico. Laddove ciò si verifichi sarà compito dell’insegnante riportare l’attenzione su ciò che è giusto.
I bambini devono imparare a crescere senza restrizioni perché questa è, personalmente, una delle poche vie che conduce alla piena libertà dell’individuo. Un esempio a riguardo: il rispetto delle regole civili. L’alunno deve essere guidato affinché capisca autonomamente il reale “perché” di quella regola e che non sia guidato semplicemente dalla paura della punizione. In questo modo, quando sarà adulto, sarà in grado di valutare consapevolmente ciò che la società gli impone e scegliere se seguire i modelli predisposti o meno. Questa scelta può essere svolta in positivo o in negativo purché il soggetto sia pienamente cosciente della sua decisione.
Articolo a cura di Ilaria Genovesi