Apatia dello spettatore.
Negli anni Ottanta, studiosi come Jane Piliavin e colleghi vollero studiare come l’empatia influenzasse il modo in cui le persone sceglievano di prestare aiuto o meno in un contesto di emergenza. Un evento specifico diede impeto alla ricerca in questo campo di ricerca: l’omicidio a New York di una giovane donna, conosciuta come Kitty Genovese.
In una notte del marzo 1964 Kitty Genovese stava tornando a casa da lavoro quando fu aggredita, nel quartiere newyorkese del Queens, con un coltello da un maniaco. Inizialmente, le grida e i tentativi di difendersi della malcapitata respinsero l’aggressore, ma questi – vedendo che nessuno aiutava la donna – la aggredì nuovamente. Nuovamente Kitty fuggì, urlando e chiedendo disperatamente aiuto. La donna non riuscì a scampare alla morte: fu accoltellata altre otto volte e abusata sessualmente; nella mezz’ora che l’uomo impiegò ad uccidere Kitty, nessuno degli abitanti della zona accorse in suo aiuto. Poco dopo l’aggressione, la polizia locale ricevette una chiamata di un testimone, che riferì dell’accaduto ma che volle rimanere “anonimo”. Il mattino dopo, quando la polizia interrogò gli abitanti del quartiere, trentotto persone ammisero di aver sentito delle urla: tutte avrebbero avuto il tempo per fare qualcosa ma rinunciarono ad agire. È comprensibile che, per essere aggredita a sua volta, una persona non fosse uscita in strada: ma perché nessuno aveva chiamato la polizia? Questa storia divenne un famoso caso giornalistico del decennio.
L’iniziale voglia di ricerca che fece seguito a questo caso si concentrò sui fattori situazionali che incidevano sull’intervento dello spettatore – ovvero quel tipo di intervento che si verifica quando un individuo esce dal ruolo di spettatore e aiuta una persona in una situazione di emergenza -, piuttosto che sulle modalità di apprendimento del comportamento. La mancanza di intervento spostò l’attenzione sui processi di pensiero delle persone, portando allo sviluppo di un modello cognitivo di aiuto. Da questo episodio sappiamo che è più probabile l’aiuto di uno spettatore solo che di uno dei numerosi spettatori presenti: questo fenomeno è conosciuto come effetto spettatore. L’effetto spettatore dunque sostiene che è meno probabile che le persone aiutino in un’emergenza quando sono insieme ad altri quando sono da sole: maggiore invece è il numero degli spettatori, minore è la probabilità di aiuto da parte di qualcuno di loro.
Articolo a cura di Rosario Cassaniti