Addio a Franco Marini, sindacalista ed ex presidente del Senato.
Si è spento all’età di 87 anni Franco Marini, sindacalista ed ex presidente del Senato: si era ammalato di Covid poco prima di Natale. Sindacalista e politico, Marini era tanto spigoloso e freddo di carattere quanto generoso e trasparente nei rapporti. Era nato in Abruzzo il 9 aprile 1933 a San Pio delle Camere; suo padre era un operaio specializzato alla Snia Viscosa, dove si era trasferito a Rieti dopo la morte della moglie, una madre che l’ex presidente del Senato perse molto presto, a soli dieci anni. Una perdita che lui stesso definiva come un vuoto incolmabile.
Quella dell’ex segretario Segretario Generale della Cisl è stata una vita vissuta tutta in prima persona: piena battaglie, aneddoti, emozioni, prima come ufficiale di complemento degli alpini, poi come Segretario Generale della Cisl e infine come leader di partito ( La Margherita ), e presidente del Senato nel 2006. Incontri, comizi, le nottate per i collegi, gli scontri con gli alleati e gli avversari, le trattative infinite tra parti sociali e governo.
Franco Marini era un politico vero, tutta passione, con alleati fidati e avversari riconosciuti. Si racconta che non si alzasse dal tavolo senza una decisione risolutiva, a suo modo definitiva anche nelle rotture. Severo e spigoloso, non era uomo da cerimonie e anche per queste sue caratteristiche caratteriali, si era beccato il nomignolo di “lupo marsicano”. Ultimamente parlava poco di politica e molto più di vita. Parlava del nonno Franco, delle sfide alla corsa campestre, ma anche di quella sua insegnante ebrea che dopo la licenza media convinse suo padre a iscriverlo al liceo (e non all’istituto tecnico). “Cambiò il mio orizzonte di vita” raccontava, al punto che “appena nominato ministro del Lavoro nel governo Andreotti andai a ricercarla, ma purtroppo era scomparsa da poco”.
Poi, ricordava le grandi battaglie sindacali, Donat Cattin e Giulio Pastore, gli scontri con Romano Prodi, le battaglie nella Margherita, e quella volta che Francesco Cossiga gli disse, “Faccio senatore a vita Giulio Andreotti, così ti libero il collegio…” e ancora il sindacato, la grande famiglia in cui per tanti anni aveva vissuto e dalla quale non si è mai staccato. Franco Marini era amante della montagna e conosceva tutto, tempi e segreti. Sapeva riconoscere l’arrivo della pioggia, della bufera. Lui stesso disse che la montagna è come la politica, se capisci i tempi della bufera sai come riparati. A meno che non “decidi di isolarti….”
Alla mia età, ripeteva, “non si può ricominciare… Ho provato a fare il primo, mi sono fermato al secondo”.
Il primo stava per Quirinale, il secondo per la presidenza del Senato che arrivò nel 2006 dopo una serie di scrutini proprio “contro” Giulio Andreotti votato dal centrodestra. Poi, dopo il voto del 2013 e con una maggioranza da inventare, la scommessa per il Colle: sette anni dopo la presidenza di Palazzo Madama. Amarezza in quei giorni ma nessun rimpianto: “Nessuno come me aveva ottenuto con 521 sì la maggioranza dei voti al primo scrutinio”. Insomma, bastava che il quorum scendesse… Invece, niente… “E’ andata diversamente… Mah, acqua passata” rispondeva a chi gli chiedeva. Per l’ex segretario della Cisl, infatti, ogni “fatto si apriva e si chiudeva, qualunque fosse il risultato”. E così è stato anche per il Colle.
Ora Franco Marini è uscito definitivamente di scena. Restano i suoi grandi discorsi, le sue iniziative politiche, le battaglie sindacali, ma soprattutto i suoi ricordi come quando chiese udienza a Giovanni Paolo II perché intercedesse sul Cile di Pinochet per far liberare dal carcere il sindacalista Manuel Bustos.
Lui stesse disse che “il Papa ci ricevette, ricordo che prese un piccolo biglietto e con una piccolissima matita appuntò solo qualcosa. Poi, silenzio, e chiese a me e a Giorgio Benvenuto come era la situazione del sindacato in Italia. Uscimmo quasi disorientati; a Benvenuto dissi che il Papa sa quel che fa, e Bustos qualche giorno dopo fu liberato”.
Certo, altri tempi ma quelle erano le battaglie in cui credeva Marini, quelle nella quali silenziosamente poteva dimostrare la sua grande generosità. Una generosità grande ma che proteggeva morbosamente e che gli dava grande sollievo e speranza. In fondo ripeteva, “spero e penso” che “quando sarò davanti al Padre Eterno, lui chiuderà un occhio…”.
“Marini fu molto legato al nostro territorio sotto l’aspetto sindacale. Quando lasciò la Cisl per entrare in politica, il massimo consenso lo ebbe proprio dalla nostra Provincia“, ha dichiarato il Segretario Generale della CISL di Latina Roberto Cecere: “Marini è stato un grande sindacalista, lo ricorderemo come Padre nobile della nostra Organizzazione”.
Addio, Franco Marini.
Articolo a cura di Marco Luppi