I disturbi comportamentali legati all’infanzia (Seconda parte).
L’articolo di oggi si ricollega a quanto sviluppato nello scritto precedente dove la tematica portante si riferiva ai disturbi comportamentali circoscritti all’età infantile.
A tal proposito è bene ricordare che con il termine “disturbocomportamentale” si indica la perdita parziale, o totale, di una capacità in realtà già acquisita da parte di un dato soggetto.Sempre in riferimento all’articolo precedente sono stati trattati, brevemente, disturbi quali: l’enuresi, l’encopresi e l’anoressia nervosa. Al fine di continuare l’analisi dei disturbi più importanti e caratteristici di questa fascia d’età, nello scritto odierno ne verranno analizzati altri.
Il primo disturbo qui trattato è relazionato all’instabilità psicomotoria; la quale può essere spesso associata all’iperattività. Il bambino iperattivo è un soggetto non sempre in grado di mantere alta la soglia dell’attenzione dimostrandosi spesso ostile allo svolgimento di una sola attività e manifestando anche stati emotivi “negativi” come frustrazione ed aggressività. Seppur in alcune situazioni tale disturbo è relazionato ad una immaturità neurologica, nella maggior parte dei casi ha un’origine psichica.Una delle tante soluzioni per alleviare la tensione dell’infante è la pratica di sport che fungono da “valvola di sfogo”.
La balbuzia è invece un disturbo che si caratterizza nella difficoltà manifesta del soggetto di emettere suoni linguistici a ritmo. La causa la maggior parte delle volte è di natura psicologica (il bambino, infatti può essere particolarmente ansioso o insicuro) ed il trattamento prevede un percorso logopedico, con esercizi mirati ad una rieducazione del linguaggio, oltreché psicologico. Un bambino balbuziente inizierà a manifestare le prime difficoltà di linguaggio solitamente con l’inserimento nella scuola primaria; quando le richieste nei suoi confronti inizieranno ad essere più marcate.
Un altro disturbo che potrebbe influire sull’aspetto comportamentale del bambino è il pollice in bocca. Solitamente tale modo di agire è “accettabile” nella fase neonatale, ma si evidenzia come problema se sussiste oltre i due/tre anni o anche dopo l’inserimento scolastico del bambino. Le cause scatenanti possono essere molteplici, in primis si potrebbe riscontrare una difficoltà di tipo emotivo, ma anche una situazione di noia o carenza di affetto.
In questo caso il comportamento dell’adulto deve essere di comprensione e di affetto; infatti, una delle strade per superare questo ostacolo è quella che aiuta l’infante a prendere consapevolezza, anzi, sicurezza di sé e delle proprie capacità.
Articolo a cura di Ilaria Genovesi