PALM DOWN: IL NUOVO EP “UNFAMILIAR SONGS”
Palm Down (Francesco Zappaia), è un cantautore romano classe ’95. Ha iniziato il suo percorso da solista subito dopo la parentesi Punk Rock con la band Last Heart Attack. Il suo primo EP “Nosedive” è uscito nell’estate del 2017 e, a distanza di due anni, nel 2019 pubblica Il debut-album “Unfamiliar Air in Familiar Places”. Ad oggi lo ritroviamo più carico che mai con il nuovo lavoro “Unfamiliar Songs ” uscito il 30 Ottobre.
-Com’è nata la scelta del tuo nome d’arte Palm Down?
Nel 2016 uscì “Stage Four” dei Touché Amoré e ascoltai in loop “Palm Dreams” così tanto che una notte il mio cervello fece un match strano e sognai le parole Palm Down. L’indomani cercai su Spotify il nome e trovai solo un progetto instrumental di percussioni e tamburi, quindi pensai che potevo usarlo. Riflettendo poi sulla scelta del nome per il progetto, trovai il collegamento sul fatto che io faccio sempre molta attenzione alle mani delle persone. Le mani sono un biglietto da visita. Mi piace quando mi stringono la mano in modo sicuro, non mi piacciono le mani non curate delle donne (ognuno ha il suo feticismo) e il tatto è uno dei sensi più espressivi e interessanti del corpo.
Palm Down significa “il palmo basso della mano” e non ha niente a che fare con la palma intesa come albero. Semplice da ricordare, efficace e pronunciabile da un pubblico italiano. O almeno lo spero!
-Quando hai capito che la musica sarebbe stato il tuo “porto sicuro”?
Ho iniziato a suonare la chitarra a 14 anni, motivato da un amico che già la suonava da un paio d’anni. Dal momento in cui lui mi ha introdotto nell’ascoltare punk rock, ho capito che quella sarebbe diventata la mia passione e ossessione. Non c’è un momento esatto dove mi sono reso conto che suonare concerti, scrivere e cantare era diventato il mio porto sicuro, ma dopo 11 anni che continuo a farlo capisco che lo è diventato.
Parlo di ‘ossessione’ perché l’attenzione che pongo nelle cose che faccio è quotidiana e non c’è giorno in cui non pianifico qualcosa. Mi auto-stimolo e incoraggio e forse proprio questa voglia di fare è la chiave della mia costanza con Palm Down.
-Quali sono gli artisti che ti hanno invogliato a prendere in mano una chitarra?
Nei primi anni, il punk rock / pop-punk è stato il genere che più mi ha motivato e stimolato nel migliorare con la chitarra. Per quanto non sia un genere particolarmente tecnico, per un principiante comunque lo è. Per citare qualche band posso dirti i Green Day, Blink 182, Nofx, Sum 41, Simple Plan e band meno mainstream come Broadway Calls, The Menzingers, The Flatliners e MxPx. Nel 2017 abbiamo suonato dopo 7 anni l’ultimo concerto con i Last Heart Attack e lo stesso giorno del farewell show ho annunciato l’inizio di Palm Down. Erano già un paio di anni che ascoltavo artisti come Frank Turner, Brian Fallon / The Gaslight Anthem, Dave Hause e ispirato da loro ho deciso di intraprendere un percorso solista poiché anche loro nascono dalle ceneri delle loro precedenti band.
Successivamente mi sono avvicinato a gruppi come Mumford & Sons, The Lumineers, Biffy Clyro, Bear’s Den, che mi hanno aperto molto la mente dal punto di vista vocale e compositivo. E vi consiglio di ascoltarli tutti!
-So che hai suonato su palchi importantissimi come quello del Bay Fest. Ti piacerebbe un giorno poter fare un tour all’estero?
Ho sempre scritto testi in inglese e ispirato a band inglesi e americane, quindi suonare all’estero è quello che sicuramente vorrò fare una volta finita questa pandemia. Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di girare e suonare molto l’Italia e partecipare a festival importanti e divertenti come quello del Bay Fest, ma suonare in Europa è un obiettivo che sto ancora rincorrendo.
-Il 30 ottobre è finalmente uscito il tuo nuovo lavoro “Unfamiliar Songs ”. I testi profondi e la melodia dolce riescono a far sognare chiunque, qual è la canzone dell’EP a cui sei più legato?
Grazie mille per il complimento!
La canzone dell’EP a cui sono più legato è “This Year Is Mine Alone”. Racconta di un mio anno di stop forzato da relazioni sentimentali per approfondire il rapporto con me stesso. E’ stato un periodo molto intenso dove ho imparato a conoscermi, a guarire dalle ferite di cuore apparentemente non guaribili e a fondare le basi di quello che volevo essere caratterialmente e che poi sono diventato. In “This Year Is Mine Alone” prendo consapevolezza che delle volte bisogna sapere quando lasciar andare via le persone e che è necessario saper convivere con i fantasmi del passato. Ancora più importante ho capito che amarsi e mettersi al primo posto non è mai tempo sprecato e che questo aiuta nella convivenza con gli altri. -Tornare a fare musica dopo lo “stop” è stato emozionante per tutti. Cosa ti aspetti dal futuro? Hai già nuovi progetti?
Dal futuro mi aspetto un po’ di tranquillità e serenità. In questo momento storico lo stress e la tensione sono all’ordine del giorno e anche i momenti piacevoli di una pausa caffè sono accompagnati da un sentimento di paura e timore. Siamo tutti costretti a vivere nelle modalità con cui ci dicono di vivere e questo non ci rende liberi, sia fisicamente che mentalmente. Quindi in primis dal futuro mi auguro di uscire al più presto da questa pandemia per tornare a vivere nel modo in cui vogliamo.
Mentre continuo a promuovere Unfamiliar Songs sui social, sto scrivendo bozze di nuove canzoni. Sto gettando le basi di quello che sarà il secondo album che penso non vedrà luce prima dell’estate 2021.
Tempo al tempo e visto che al momento ne ho molto a disposizione lo sfrutto tutto!
Grazie mille per l’intervista!
Articolo a cura di Martina Nardoni