“MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA SERIALE” il nuovo libro di Davide Buzzi

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“MEMORIALE DI UN ANOMALO OMICIDA SERIALE” è il nuovo libro dello scrittore ticinese Davide Buzzi.
Romanzo autobiografico che, tramite la sapiente penna di Buzzi, si propone al lettore nelle vesti di un memoriale raccontato in prima persona
Tale racconto è ricco di suspense, obbligandoci a riconoscere i limiti della nostra coscienza.
Buona lettura a voi.

Ciao Davide e benvenuto tra le pagine del nostro giornale. Cito testualmente: “Scrivere l’autobiografia di un personaggio tragico come Antonio Scalonesi ti obbliga a penetrare tutto il tuo subconscio, fino ad arrivare nel nero più profondo di te stesso.” Senza svelare troppo del tuo romanzo cosa possiamo anticipare ai nostri lettori?

La storia di Antomio Scalonesi è a tutti gli effetti una specie di epopea del male. Il protagonista, che si racconta al Procuratore pubblico Giuseppe Cortesi nel corso di una drammatica confessione, mette sul tavolo i suoi crimini con egocentrica precisione e una lucidità estrema, perché consapevole del fatto che resterà impunito. Per Scalonesi è importante poter dimostrare al mondo chi fosse veramente il tranquillo vicino di casa e l’efficiente imprenditore immobiliare da tutti rispettato, prima che il destino non compia la sua opera.

Scalonesi con il suo comportamento ci obbliga a scavare nel nostro “io” e ad analizzare noi stessi, fino al punto di arrivare addirittura a farci immedesimare nel suo personaggio, obbligandoci infine a essere suoi complici e a tifare per lui.

Antonio Scalonesi è un serial killer anomalo, in quanto agisce diversamente da come siamo abituati a osservare nella maggioranza degli altri suoi colleghi. Spiegaci.

Antonio Scalonesi è un serial killer anomalo, in quanto non è ripetitivo. In genere gli omicidi seriali sono caratterizzati da alcuni tratti compulsivi assai distintivi, che li portano a uccidere delle persone con tratti comuni come l’età, il sesso o la professione, oppure con specifiche preferenze verso donne, uomini o bambini, con o senza regolarità temporale e con un modus operandi specifico e sempre uguale. Inoltre non agiscono mai per lucro. Ecco, Scalonesi è totalmente estraneo a queste particolarità. In questo senso, il protagonista del mio romanzo si avvicina molto di più a Richard Kuklinski, soprattutto per i metodi brutali e sadici nell’uccidere, come anche per il fatto che a un certo punto egli trasforma questa sua “passione” in un business.

Scrivi questo romanzo facendo raccontare direttamente al protagonista le vicende che lo vedono coinvolto. Come mai hai deciso per questa linea?

In verità durante le varie stesure ho provato a raccontare la storia in diversi modi, ma nessuno di questi mi soddisfaceva. Volevo che trasparisse in modo prepotente l’immagine del personaggio e che il lettore si sentisse coinvolto nella storia, ma anche che potesse arrivare a credere che i fatti raccontati fossero realmente accaduti. Parlando con diversi specialisti che in passato avevano avuto a che fare con un bell’elenco di criminali, fra i quali lo psichiatra e criminologo Orlando del Don e l’avvocato Giovanni Marines – già difensore di Bernardo Provenzano per il caso dell’omicidio di Mario Francese – è poi scaturita l’idea di trasformare la storia in uno spoof e di descrivere gli eventi sotto forma di un verbale d’interrogatorio.
Ma la questione delle domande appesantiva un po’ la scorrevolezza del testo. Alla fine ho studiato uno stratagemma per aggirare il problema e ho limato tutto quanto potevo, fino a trasformare la storia in un monologo dai risvolti terribili, che mi ha obbligato a scavare introspettivamente dentro me alla ricerca del lato oscuro che alberga latente in ogni essere umano.

Negli anni hai ottenuto importanti riconoscimenti internazionali per la tua attività di autore e cantautore, quali la “Targa Città di Milano” (1997), il “Premio Città San Bonifacio” a Verona (2000) e perfino una nomination ai Nammy Award di Niagara Falls, negli USA. Ma mi chiedevo: “Come ricordi i tuoi inizi nella scrittura?”

In realtà in merito non ho un ricordo preciso. I miei docenti mi raccontano che appena ho imparato a scrivere ho subito iniziato a esprimere racconti nei miei compiti scolastici, spesso anche in materie che nulla avevano a che fare con la scrittura o l’apprendimento della lingua italiana. È qualcosa di innato che da sempre porto dentro di me. Poi negli anni mi sono concentrato soprattutto nella stesura di testi per canzoni e di racconti brevi. “Memoriale di un anomalo omicida seriale” è il mio primo romanzo, un parto tutt’altro che facile, dal momento che ho impiegato ben dieci anni per riuscire a terminarlo.

Prima di salutarci e ringraziarti per la tua intervista ti chiedo: Davide, come cantautore e autore hai iniziato la tua carriera artistica nel 1982 e solo più tardi sei arrivato alla scrittura. Tra la musica e la scrittura chi racconta la vera storia di Davide? O l’una non esclude l’altra perché entrambi sanno dar voce alla tua voce?

In verità nel 1982 ho avuto la mia prima esperienza artistica, con una particina in un film di Nelo Risi. Niente a che vedere con quello che è avvenuto in seguito.
La storia di autore e cantautore è iniziata attorno al 1990, quando con altri ragazzi ho cominciato a realizzare le mie canzoni e a cantare in qualche piccolo evento, quando ce n’era l’occasione.
In seguito ho iniziato a dedicarmi saltuariamente all’attività di giornalista, per un paio di riviste locali della mia regione e per una radio privata. Grazie a questa “scuola” ho potuto comprendere meglio l’arte della scrittura e, poi, le due cose si sono unite, per così dire.
È però giusto raccontare che la mia vera storia è in effetti raccontata soprattutto attraverso le mie canzoni, a volte anche grida disperate – soprattutto quelle dei primi anni – nei confronti di una società nella quale mi sforzavo di vivere ma dove non mi ritrovavo. La scrittura è arrivata un po’ dopo e si è sviluppata lentamente. Forse nel mio primo libro, “Il mio nome è Leponte… Johnny Leponte”, si può ritrovare un po’ di me. Di certo, e per fortuna, questo non accade però nel memoriale di Antonio Scalonesi.

Articolo a cura di Rosa Spampanato

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