RECENSIONE ASSASSINIO SULL’ORIENT EXPRESS
Corre l’anno 1934 ed Hercule Poirot, detective belga, si trova a Gerusalemme per risolvere il caso di un furto alla chiesa del Santo Sepolcro.
Risolto il caso, quest’ultimo dovrebbe dirigersi verso Istanbul per potersi prendere un periodo di meritato riposo dopo un intenso periodo lavorativo, ma un caso lo chiama da Londra; il suo amico Bouc, direttore dell’Orient Express, gli offre una cabina sul suo treno.
Sul mezzo, Poirot fa la conoscenza di Samuel Ratchett, un uomo d’affari dall’aria sinistra che desidera assumere il detective come guardia del corpo per tutta la durata del viaggio. Infatti, Ratchett gestisce un traffico di opere d’arte false e si è fatto molti nemici.
Poirot rifiuta l’offerta per non essere coinvolto nei loschi affari dell’uomo. Quella notte, il signor Ratchett verrà assassinato con una dozzina di pugnalate e una valanga farà deragliare il treno, fermando la sua corsa verso la stazione più vicina.
Questo di Kenneth Branagh è il quarto film dedicato all’omonimo romanzo di Agatha Christie, pubblicato nel 1933 a puntate dal settimanale statunitense The Saturday Evening Post e raccolto in un unico libro nell’anno successivo.
Sin dall’inizio troviamo una forte caratterizzazione del personaggio di Hercule Poirot, uomo incredibilmente arguto, egocentrico ed ossessionato dal senso della giustizia.
Un filtro dai colori molto caldi ci accompagnerà durante il viaggio del detective, valorizzando riprese panoramiche mozzafiato ed ogni piccolo dettaglio degli interni dell’Orient Express.
Insieme a Samuel Ratchett (Johnny Depp), a far compagnia ad Hercule Poirot (Kenneth Branagh) sul treno, troviamo un gruppo di personaggi assolutamente eterogeneo; il cast è di primissimo livello e questo permette, nonostante non ci sia il tempo materiale per approfondire ogni protagonista in maniera esauriente, di apprezzare dei tratti caratteristici in ognuno di loro.
Su tutti, spicca comunque il Poirot dell’attore e regista britannico. Il detective si districa in una storia fatta di menzogne e falsi indizi, setacciando la psiche degli altri viaggiatori con interrogatori che, a livello di sceneggiatura risultano di qualità altalenante.
I quasi 120 minuti del film scorrono abbastanza rapidamente, rallentando forse un po’ troppo nella parte centrale dove, nonostante vengano inserite alcune scene d’azione, si rischia di percepire una leggera sensazione di noia.
Lo stesso Poirot non appare in forma smagliante; in vari punti dell’opera sembra essere trascinato passivamente dagli eventi, giungendo ad un’apparente risoluzione del caso per più di una volta, senza di fatto scoprire il reale colpevole.
Una nota positiva è sicuramente la gestione dei momenti di maggior tensione emotiva; la colonna sonora aumenta d’intensità lentamente, prendendosi il suo tempo e rendendo alcuni passaggi filmici efficaci ed esasperanti.
La CGI è di buon livello, risultando piacevole alla vista e ben integrata con ciò che c’è di vero nelle inquadrature.
Il Poirot del film di Branagh ha un’aria stanca, malinconica; lui stesso ammette come la sua capacità di vedere il mondo per come dovrebbe essere lo porti rapidamente alla soluzione dei casi, ma costantemente ad un’intensa sofferenza emotiva.
L’ossessione per la necessità di equilibrio in ogni contesto lo rende simpatico e macchiettistico, ma il film non dimentica di mostrarci il lato oscuro del detective, tormentato dal passato ogni notte, prima di coricarsi.
L’incapacità di accettare l’ingiustizia lo porterà in questo caso ad osservare sotto molteplici punti di vista la situazione, non arroccandosi dietro immutabili e rigidi principi morali, ma analizzando l’animo umano nella sua completezza.
La sua freddezza nel gestire i ruoli di colpevoli e vittime vacillerà, facendogli notare come l’elasticità mentale di un uomo, alle volte, risulti indispensabile per ristabilire il giusto equilibrio tra colpe e pene da scontare.
VOTO: 7,5
Articolo a cura di Vittorio Cecere