Quale sarà il futuro della nostra pensione….?
L’Italia sta diventando un Paese di nonni senza nipoti e il loro comune denominatore è il sistema pensionistico, destinato, sulla base di previsioni demografiche e studi sulla spesa previdenziale ad implodere nel 2030. Data non così lontana e neanche casuale: è l’anno in cui raggiungeranno l’agognato traguardo i figli del passato progresso, cioè i nati nel biennio 1964-65, quando l’Italia nel pieno miracolo economico partorì oltre un milione di bambini.
Quei bambini, al compimento dei 66-67 anni, busseranno alla porta dell’Inps. Un numero di domande talmente elevato che si tradurrà in uno temibile terremoto, non sottovalutando tra l’altro la modesta crescita economica del nostro bel Paese. Fibrillante la situazione fino al 2035.
Poi, se le casse dell’Inps sosterranno l’impatto, anno dopo anno la situazione dovrebbe migliorare per arrivare a stabilizzarsi tra il 2048 e il 2060. Nella storia dell’umanità i giovani aiutano gli anziani. Ma se questi ultimi quando erano giovani hanno scelto di non avere figli, non avranno i giovani che alimenteranno le loro pensioni. Sarà un problema serio, ma in verità lo è già adesso. In una società sana dovrebbero esserci più giovani per ogni persona che diventa anziana.
Questo perché, ed è normale, gli anziani costano di più allo Stato, specialmente in termini di pensioni e di welfare (spese sanitarie, assistenza ecc…). Ma il problema non sussiste se, a controbilanciare il costo dell’invecchiamento delle generazioni, le nascite si mantengono sufficientemente elevate per garantire un numero adeguato di persone che, nel futuro, potranno lavorare e contribuire, attraverso le tasse e i contributi, a mantenere tale spesa. Se, invece, le nascite non riescono a tenere il passo, viene a mancare la fonte di sostegno. I risultati ci sono già: lo Stato deve fare debito per potersi permettere una popolazione sempre più invecchiata. E deve prelevare più risorse dai giovani e dai lavoratori se questi, col passare del tempo, diminuiscono di numero.
La situazione italiana rispecchia tutto ciò: i contributi pensionistici, in proporzione al reddito, sono aumentati nel corso degli anni. Se non cambia qualcosa la situazione continuerà a peggiorare. Il calo demografico ha alle sue radici problematiche economiche e sociali che con il tempo si sono acuite e che non permettono ad oggi di far ben sperare: condizioni economiche sempre più precarie e minore propensione alla genitorialità sono i fattori maggiormente determinanti.
Se la popolazione giovanile diminuisce vorticosamente di anno in anno e i fondi previdenziali non saranno più sufficienti nel lungo periodo, come agire sull’età pensionabile? Quota 100 sarà destinata ad aumentare? C’è qualcosa di surreale nel dibattito sulle pensioni in Italia. In un Paese che invecchia drammaticamente si fronteggiano due esigenze: il sostentamento degli anziani e il consentire alle persone di andare in pensione ad un’età non eccessivamente avanzata. Se la soluzione è far nascere più bambini, occorre creare i presupposti affinchè ciò avvenga: creare lavoro attraverso investimenti pubblici e privati.
Articolo a cura di Claudia Diana