I Neet: I giovani che non studiano né lavorano.
Se diamo uno sguardo ai dati pubblicati dell’Istat c’è davvero da preoccuparsi: quasi un terzo dei giovani italiani non studia né lavora. Le Regioni del sud Italia sono quelle con il più alto tasso di “Neet”.
Tra i dati che devono far preoccupare l’Italia, e soprattutto chi la governa, non c’è solo il debito pubblico ma anche l’altissimo numero di giovani che non lavorano né studiano: sono circa un terzo dei giovani italiani.
Dagli ultimi dati ISTAT, nel 2018 in Italia, i NEET nella fascia d’età 15-29 anni sono pari a 2.116.000, rappresentando il 23,4% del totale dei giovani della stessa età presenti sul territorio. È un dato allarmante, soprattutto se lo si confronta quello degli altri paesi. L’Italia è infatti al primo posto in Europa per il numero di NEET, seguita con distacco dalla Grecia (19,5%), Bulgaria (18,1%), Romania (17%) e Croazia (15,6%). Secondo l’opinione di molti, anche la leggera diminuzione della disoccupazione in Italia registrata ad agosto 2019 è legata all’aumento degli inattivi: sempre più persone in Italia smettono di cercare lavoro. I NEET, ovvero tutti quei giovani che non studiano, non lavorano e non seguono percorsi di formazione, sono persone che vivono in una condizione di disagio ed esclusione sociale. Sono tutti quei ragazzi che in Italia sono rimasti indietro, tutti quei ragazzi per i quali l’idea di un futuro felice e gratificante sembra allontanarsi sempre di più.
Se invece i dati li dividiamo per Regioni, la situazione è spaventosa. In cima alla classifica Italiana con il maggior numero di Neet troviamo la Regione Sicilia con il 38,5% e a seguire Calabria e Campania ( rispettivamete 35% e 28% ). Il nord è fermo al 15% mentre l’Emilia Romagna è quella con il minor numero di Neet. Solo il 6%.
Dal Sindacato una risposta concreta
“Serve un segnale forte dalla politica, un segnale serio e adatto alle esigenze dei nostri ragazzi. Il sindacato è lo strumento per stare insieme, per affrontare e vincere la solitudine delle persone, il senso di disperazione ed emarginazione sociale presente soprattutto nelle nostre periferie urbane e del lavoro. Certamente i dati pubblicati dall’ ISTAT ci devono far riflettere e allo stesso tempo preoccupare, perché l’Italia ha il primato di Giovani che non lavorano né studiano, soprattutto nelle Regioni del Sud Italia dove stiamo assistendo ad una fuga di cervelli, per questo crediamo che il Sindacato deve essere il vero protagonista per cambiare questo trend negativo”. E’ quanto si legge in una nota del Segretario della Cisl Latina, Roberto Cecere.
“Questo spreco di potenziale umano ha un costo rilevante, sul piano sia sociale sia economico, perché le nuove generazioni sono la componente più preziosa e importante per la produzione di benessere in un Paese. Come Sindacato – prosegue Roberto Cecere – stiamo cercando di ascoltare le esigenze di tutti i cittadini, soprattutto i nostri ragazzi che rischiano l’emarginazione sociale, talvolta sfiduciati per le poche opportunità di lavoro che offre il nostro Territorio. Stiamo cercando di inserire i nostri ragazzi in un contesto sociale più favorevole, aiutandoli tramite corsi di formazione professionale e percorsi di studi.” Conclude con molta fiducia e ottimismo la Cisl di Latina, sostenendo che il nostro Paese ha un forte bisogno dei giovani e della loro creatività per poter cambiare, e i giovani hanno il diritto di essere protagonisti di questo cambiamento, solo cosi un giorno potremmo dire “c’erano una volta i Neet..”
Articolo a cura di Marco Luppi