IL PROCESSO AI CHICAGO 7
Agosto 1968, siamo nel pieno della protesta contro la Guerra in Vietnam e in occasione della Convention Nazionale Democratica di Chicago, un gruppo variegato di attivisti pacifisti decide di presenziare per manifestare contro la brutalità della guerra. La protesta, purtroppo, degenera in uno scontro fra la polizia e i manifestanti, portando all’arresto di 7 di questi – i principali portavoce – e di Bobby Seale, capo dei “Black Panthers”, ma che è in verità completamente estraneo alle vicende. Il processo cercherà di far luce su chi sia stato a provocare lo scontro diretto, rivelando gli aspetti più oscuri e corrotti, ma anche le paure più intrisiche, dell’America degli anni 70.
Scritto e diretto da Aaron Sorkin (The Social Network, Steve Jobs e Molly’s Game), ispirato a un fatto di cronaca vera, Il processo ai Chicago 7 è candidato agli Oscars 2021 come “Miglior Film”. Uno dei punti forti di questa opera è sicuramente l’assortito cast che vede spiccare Eddie Redmayne (Premio Oscars come migliore attore nel 2015) e Sacha Baron Cohen (in lizza per “Migliore attore non protagonista” per l’attuale edizione), le cui interpretazioni hanno saputo donare un valore aggiunto alla sceneggiatura. Redmayne riveste il ruolo del giovane Tom Hayden (attivista, politico e saggista), un personaggio diametricalmente opposto a quelli recitati dall’attore, che riesce a spogliarsi delle forti influenze che l’interpretazione di Stephen Hawking gli aveva infuso, regalando una prova attoriale molto interessante. Stupisce molto vedere Sacha Baron Cohen nei panni di Abbie Hoffman – co-fondatore dello Youth International Party (Yippies) –, un uomo apparentemente irresponsabile ed eccentrico, ma dotato di grande intelligenza e sensibilità. Abituati a vedere Cohen interpretare Borat, rimaniamo catturati dalla magnifica perfomance in questo film, che rivela il potenziale dell’attore. Insieme, Redmayne e Cohen, fanno scintille.
Il secondo punto forte de Il processo ai Chicago 7 è sicuramente la sceneggiatura densa di dialoghi brillanti. Sorkin è stato incaricato di redigere la sceneggiatura di un pezzo importante della storia americana da Steven Spielberg, e come ben si confà all’autore de The Social Network e Codice d’onore riesce ad andare fino in fondo, ricostruendo il processo in tribunale, muovendosi fra l’aula e il “quartiere generale dei complottisti” (citazione del film), fra fatti di cronaca e scene puramente di fiction, per ricordare che i problemi di quegli anni sono ancora presenti nei giorni nostri, tramite il solo utilizzo della parola e della dialettica.
Questo film ci ricorda le enormi ingiustizie del sistema giudiziario americano che emergono preponderanti in un processo che si rivela essere politico, come afferma fin da subito il personaggio di Abbie. Lo spettatore assiste impotente a una serie di accuse (anche di oltraggio alla corte) spesso mosse dall’ignoranza, dalla stereotipizzazione e dalla paura. La stessa che nel XXI secolo vede negativamente il diverso, la sua accettazione e tolleranza, in favore di una politica ostruzionista e aggressiva.
Il processo ai Chicago 7 è un film fortemente di stampo americano che riprende un momento storico significativo ma inscrivibile solamente agli USA. Non ha quella caratteristica di universalità che lo renderebbe più correttamente elegibile come “film dell’anno”, ma che potrebbe invece ben valergli la statuetta per una delle altre categorie a cui è candidato, fra cui “Miglior sceneggiatura originale”.
E’ comunque un’opera interessante e godibile.
VOTO 7/10
Articolo a cura di Sara Paterniani